Quassù nello spazio riesco a vedere le cose in maniera molto più chiara.
O forse è stato il Maresciallo Tito ad aiutarmi a capire di più, sulla vita, l’universo e tutto quanto. Strano che un cane, seppure superintelligente, possa conoscere più profondamente l’animo degli esseri viventi di tanti studiosi, filosofi, poeti.
La cornucopia della terra sembra andare a gonfie vele, e gli apocalissisti del pianeta En-a-Lotto nella galassia Sisal, che parevano averci azzeccato in pieno, in realtà hanno preso una gran cantonata: la razza umana tende all’autodistruzione con più calma del previsto. In fondo tutto va come deve andare.
Uno di questi giorni tornerò giù. Ora sarei in grado di compiere un outing più convinto, meno filosofico e più pratico. Sarei in grado di guardarmi intorno con maggiore consapevolezza e decidere della mia vita in maniera molto razionale. Forse.
Ricordate quando ho provato a compiere il tour turistico di Blade Runner? O quando ho provato a commercializzare il nulla? La compagnia assicurativa galattica naufragata? E non vi ho mai raccontato della volta che ho barattato un chilo di bresaola frullata con una turbozappa a reazione nucleare truffando un pericolosissimo pastore sparasiano.
Tirando le somme anche nello spazio ho aspirato a qualcosa, come se per essere sia necessario fare. Lo è? Forse si, forse no. Ed allora potrei scrivere l’ultimo capitolo della mia personale guida galattica: in fondo, anche l’infinito universo non è così più interessante della terra.
Ma non sono convinto, credo ci rifletterò ancora un po’. Me ne starò ancora un po’ quassù a scrutare l’universo immobile e le formichine, compreso il mio ambizioso alterego robotico, che si affannano per raggiungere obiettivi più o meno grandi. O ad occupare il più possibile il tempo. Chissà, neanche il Maresciallo Tito è riuscito a togliermi questo dubbio dalla testa. E neppure la Guida Galattica, il libro più completo dell’universo, e più economico dell’enciclopedia galattica.
Nel frattempo voglio essere Robert Jordan intento a far saltare un dannato ponte [sperando che non sia stato qualche testardo ufficiale inglese fischiettante a costruirlo]. In una sola notte bruciare Chrome. Voglio sorseggiare whiskey con Philip Marlowe o Gatsby. Oppure posso essere un grande scrittore come ho sempre sognato, uno di quelli che scrivono storie divertenti e fantasiose, non troppo vere e non troppo finte. Con gli sbirri americani degli anni cinquanta, il braccio violento della legge.
Insomma posso fare grandi imprese, pensando quadrimensionalmente. Gran cosa il pensiero multidimensionale.
Ogni tanto imbraccio anche la mia Brachiocaster e provo a strimpellare quella vecchia canzone dei Kansas, che non ricordo mai bene come facesse.
La cornucopia della terra sembra andare a gonfie vele, e gli apocalissisti del pianeta En-a-Lotto nella galassia Sisal, che parevano averci azzeccato in pieno, in realtà hanno preso una gran cantonata: la razza umana tende all’autodistruzione con più calma del previsto. In fondo tutto va come deve andare.
Uno di questi giorni tornerò giù. Ora sarei in grado di compiere un outing più convinto, meno filosofico e più pratico. Sarei in grado di guardarmi intorno con maggiore consapevolezza e decidere della mia vita in maniera molto razionale. Forse.
Ricordate quando ho provato a compiere il tour turistico di Blade Runner? O quando ho provato a commercializzare il nulla? La compagnia assicurativa galattica naufragata? E non vi ho mai raccontato della volta che ho barattato un chilo di bresaola frullata con una turbozappa a reazione nucleare truffando un pericolosissimo pastore sparasiano.
Tirando le somme anche nello spazio ho aspirato a qualcosa, come se per essere sia necessario fare. Lo è? Forse si, forse no. Ed allora potrei scrivere l’ultimo capitolo della mia personale guida galattica: in fondo, anche l’infinito universo non è così più interessante della terra.
Ma non sono convinto, credo ci rifletterò ancora un po’. Me ne starò ancora un po’ quassù a scrutare l’universo immobile e le formichine, compreso il mio ambizioso alterego robotico, che si affannano per raggiungere obiettivi più o meno grandi. O ad occupare il più possibile il tempo. Chissà, neanche il Maresciallo Tito è riuscito a togliermi questo dubbio dalla testa. E neppure la Guida Galattica, il libro più completo dell’universo, e più economico dell’enciclopedia galattica.
Nel frattempo voglio essere Robert Jordan intento a far saltare un dannato ponte [sperando che non sia stato qualche testardo ufficiale inglese fischiettante a costruirlo]. In una sola notte bruciare Chrome. Voglio sorseggiare whiskey con Philip Marlowe o Gatsby. Oppure posso essere un grande scrittore come ho sempre sognato, uno di quelli che scrivono storie divertenti e fantasiose, non troppo vere e non troppo finte. Con gli sbirri americani degli anni cinquanta, il braccio violento della legge.
Insomma posso fare grandi imprese, pensando quadrimensionalmente. Gran cosa il pensiero multidimensionale.
Ogni tanto imbraccio anche la mia Brachiocaster e provo a strimpellare quella vecchia canzone dei Kansas, che non ricordo mai bene come facesse.
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