Quando il mare infuria, cioè sempre, c'è da impazzire.
Le onde sbattono contro le pareti del faro, facendolo tremare come fosse una baracca di fango, e non un possente manufatto umano, tirato su col sangue da braccia forti e impavide.
Quando un'onda particolarmente forte si abbatte ho la sensazione che quello sia il mio ultimo respiro, lo trattengo e, pur avendo imparato a domare il terrore, resto paralizzato per attimi eterni.
Prego molto Dio ad alta voce, ora che sono solo.
A volte ho la sensazione che sia l'Onnipotente stesso a parlarmi, a rimproverarmi per l'accidia.
Prima che mia moglie decidesse definitivamente di partire con il traghetto mensile dei viveri, ho avuto più volte il desiderio incontrollabile di ucciderla. Ricordo una notte, reso folle dalla sirena antinebbia, di aver impugnato un coltellaccio con la ferma intenzione di scendere da basso e sgozzarla, come se fosse stata lei a gridare e non quel dannato altoparlante in cima al faro.
Sono contento che se ne sia andata.
Adesso ascolto il Signore che mi parla, e lo contemplo, ammirando la grandezza del Suo disegno.Nessuno può avere la percezione reale della Sua furia, quanto me, un misero custode di un faro del mare del nord.
Nei giorni di bonaccia faccio lavoretti di manutenzione, e la sera esco in cima alla torre, ad osservare i magnifici bastimenti incrociare, salvi -anche- grazie alla mia luce.
Ogni bellissima nave che doppia questo capo infernale mi dona un po' di redenzione, mi aiuta a scontare su questo scoglio un po' della mia turpitudine.
Spesso per giorni non mi è concesso uscire, perché in questo tratto di mare, in cui confluiscono tutti i venti e le correnti del mondo, i frangenti riescono ad arrivare fin oltre la cima del faro.
Per sopravvivere a questa inevitabile noia ho iniziato a scrivere un libro che non finirò mai, perché non ha una vera e propria trama. Racconta la storia di uno scrittore che immagina me, e narra giorno per giorno le mie attività, come un diario in terza persona, o una biografia.
Lo scrittore non può e non vuole uscire di casa perché è terrorizzato, e si sente al sicuro solamente nella sua stanza, senza mai incontrare nessuno. Vive da recluso, come un eremita, ricevendo una volta a settimana un'anziana donna delle pulizie che gli porta del cibo, lava i pochi panni, e rimuove svogliatamente un po' della polvere che -oramai- ha trionfato in quell'ambiente chiuso e malsano.
L'unico momento di evasione da una vita da scarafaggio che gli è concesso è quello in cui può descrivere la libertà di un uomo recluso in un faro sperduto.
Io.
A mio modo prigioniero nella più infernale e solitaria delle carceri.
Eppure tra me e lui esiste una differenza fondamentale: il fascio di luce che emana pochi metri sopra di me.
Una luce bianca così potente, da essere visibile a decine di miglia di distanza.
Una volta ogni dieci secondi, come un occhio che si apre e si chiude, incredulo.
E se il mondo dovesse spegnersi improvvisamente, in tutto l'universo si potrebbe vedere, per anni, questa luce accendersi e spegnersi con drammatica regolarità.
Finché il gasolio dura, come una stella morente.
Siamo quindi legati a doppio filo, io e lo scrittore.
Lui vive solo grazie alle mie pagine, ed è libero solamente grazie alla luce sulla quale veglio costantemente, ed io d'altra parte perderei il senno se lui non esistesse, a riempire le mie giornate, scandite solo dal regolare rombo del mare in tempesta, e dal suono ammorbante della mostruosa sirena antinebbia.
La nostra amicizia è il dono più gradito che potessi ricevere in questa esistenza.
Quando un'onda particolarmente forte rovescia il mio bicchiere di liquore, io rido, ed anche lo scrittore ride, immaginando e descrivendo la scena -comica, grottesca- di un uomo che solleva il bicchiere rovesciato, ed in tutta fretta prova a sfruttare l'istante di pace della risacca.
Tutto questo non durerà in eterno, anche se lo vorrei.
Perché so che questo è l'unico luogo al mondo dove io possa guadagnarmi il perdono, ed ascoltare la voce furente di Dio, che mi parla tutto il tempo.
Qualche giorno fa, all'ultimo approvvigionamento, il comandante mi ha portato la notizia che entro un mese dovrò rientrare sulla terraferma: il faro verrà automatizzato.
Non mi troveranno.
Proprio in questo istante sento la voce dell'Onnipotente pronunciare il mio nome rombando.
Domattina è giorno di pulizie in casa dello scrittore.
L'anziana signora percorrerà l'angusto corridoio come di consueto, e troverà solo la polvere, a coprire come un sudario gli oggetti della stanza, in un luogo senza vita, senza tempo.
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