06 settembre 2012

Due convenevoli e via

Eravamo io e Lorena, io guidavo ed ero triste, lei dormiva con la testa appoggiata al finestrino.

Avevo conosciuto Lorena quattordici mesi prima grazie ad un mio amico fotografo, specializzato in ritratti. Una sera ero a casa sua ad ascoltare qualche disco -aveva una bella confezione di vinili-.
-ti faccio vedere qualche foto, mi dice, e raccoglie un paio di quaderni da una vecchia scrivania in legno, una di quelle con tanti piccoli cassetti.
Erano belle foto, un susseguirsi di persone intente a fare altro, nessuna di loro guardava direttamente l'obiettivo. -sei bravo, gli dico. -riesci a cogliere le espressioni spontanee. -già, è difficile, perché la gente quando sa di essere fotografata assume quasi sempre un'espressione innaturale.
Poi, scorrendo le foto un po' troppo velocemente, un'immagine mi colpisce e mi fermo ad osservarla, mentre dallo stereo riconosco nitidamente l'attacco strumentale di Long as i can see the light, attraverso il quale si fa spazio la voce potente di John Fogerty.
Davanti ai miei occhi c'é una ragazza, seduta in un giardino, con rampicanti alle spalle. Fuma distrattamente una sigaretta e sul tavolo c'é un dolce alle fragole che ha lasciato a metà.
Ha un volto particolare, un neo sulla guancia sinistra, il naso carino e un po' a punta. Ha due giganteschi occhi azzurri ed una chioma spettinata di capelli rossi. E' un po' in carne, ed ha un bellissimo seno prosperoso che si intuisce solamente attraverso una  maglietta scura con le maniche corte e trasparenti, che contrasta con il chiarore della sua pelle. La foto ha così tanti colori e lei sembra così intensamente bella e particolare, da lasciarmi senza parole. -chi è questa ragazza? chiedo. E' bellissima. E la foto è bellissima. -Puoi tenerla, mi fa piacere. Lei si chiama Lorena, ed è una fotografa niente male. -abita qui? -attualmente si, ma passa lunghi periodi a Berlino, dove credo abbia un fidanzato o qualcosa del genere.
- Lorena eh? Cavolo, è stupenda. Ripeto, come in trance.

Qualche sera dopo lui fece in modo di farci incontrare, per una cenetta a casa sua. Parlammo parecchio a tavola, e passeggiando verso casa. Credo di essermene innamorato immediatamente come un adolescente. Dopo pochi giorni stavamo praticamente insieme, e lei non menzionò mai alcun fidanzato berlinese.
Nei pomeriggi liberi la accompagnavo in giro per la città a cercare scorci da fotografare, adorava immortalare le strade di periferia ed i vagoni graffitati, e raccontare dei posti in cui era stata e le persone che aveva conosciuto. Io non avevo girato molto, quindi stavo essenzialmente ad ascoltare.
Lorena è certamente la donna più luminosa che abbia mai incontrato in vita mia, nonostante le foto che scattava fossero così tetre. Forse in quel modo scaricava il suo lato oscuro.

A quel tempo vivevamo nel mio appartamentino vicino al mercato ortofrutticolo. Tappezzavamo la casa di foto nostre, in cui lei faceva sempre boccacce da bambina scema, mentre io provavo a fare la faccia seria.
Una domenica vennero a pranzo da noi due nostri amici, Alex e sua moglie Claudia. Io e Alex avevamo frequentato la facoltà di medicina insieme, ma lui era diventato un buon chirurgo, ed aveva trascorso anche un periodo in un ospedale da campo in Africa. Tornato qui si era piazzato bene, ed aveva sposato Claudia, più giovane di lui di qualche anno. Lei studiava lingue all'università, parecchio fuori corso. Una tipa un po' radical chic, ma abbastanza simpatica a piccole dosi.
- Ti ricordi quando dovevamo andare in Francia per praticare con cadaveri veri? dice lui.
- Dai che metto in tavola, non iniziare con le storie dei tuoi tagliuzzamenti di corpi umani, ribatto io sorridendo mentre verso a tutti un bicchiere di vino.
- E voi due? fa Claudia. Siete in pieno idillio eh?
Lorena mi stringe il polso e risponde -guardaci!
- Pensate di sposarvi anche voi? Siete una bellissima coppia. Poi tu caro mio inizi ad avere una certa stempiatura, dovresti pensare di mettere la testa a posto. Non fartela scappare!
Porto in tavola la pentola di pasta e faccio porzioni abbondanti.
- Tu ti ricorderai, prima di andare in Africa stavo con quella tipa anoressica. Si sarebbe fatta un piattone come questo e poi sarebbe corsa in bagno. All'inizio non mi ero assolutamente accorto che fosse anoressica, era bravissima a mascherarsi. Era un po' strana, certo, ma non potevo immaginare. E si che sono medico.
- Mi ricordo, Giulia. Era carina, ma strana forte. Però c'eri andato parecchio sotto con lei.
- Già, avevo perso la testa per lei. Vi racconto questa, del modo strano in cui l'ho scoperta. Non ve l'ho mai raccontato. Per il suo compleanno eravamo usciti a cena in un ristorantino niente male, anche abbastanza costoso. Dopo aver finito il secondo lei si alza e va in bagno, io resto lì a finire il vino. Ad un certo punto le squilla il cellulare nella borsa, ed allora io allungo la mano per prenderlo. Infilo la mano nella borsa appoggiata alla sua sedia e frugo dentro senza guardare. Sotto le dita sento una materia dalla consistenza molle e umida. Cerco di capire, e scopro che la borsa era piena di fazzoletti di carta pieni di cibo masticato e sputato. Parecchi. Non vi dico, mi si gela il sangue. Ma immediatamente capisco la fissazione di avere sempre con sé i fazzoletti di carta, l'appetito vorace, l'odore vagamente acido del suo alito in certe occasioni. Masticava il cibo, ed abilmente lo sputava nei fazzoletti. E poi andava a completare l'opera in bagno. Sono terribilmente scosso, ma quando torna a tavola cerco di far finta di niente. Era stato come infilare la testa nell'oscurità dell'anima di una persona.
Verso altro vino, Lorena e Claudia ascoltano con attenzione. Lorena mi stringe di nuovo il polso ed io inconsciamente mi avvicino a lei, per annullare ogni distanza tra noi.
- Da quel momento in poi le cose sono andate a rotoli. Tentavo in ogni modo di ostacolare i suoi comportamenti senza dirle mai che sapevo, e questo era causa di orribili litigi e giorni neri. Io ero innamorato di lei, ma questo mostro era troppo grande per entrambi. Quando ebbi l'opportunità di partire, presi la decisione più vigliacca e andai via. Ma non passa giorno -e Claudia lo sa- senza che io senta il senso di colpa per questo. Ho abbandonato a se stessa la donna che amavo, per vigliaccheria.
- E lei ora come sta? L'hai più vista? Domanda Lorena, un po' scossa.
- Non so come stia, non so più niente di lei. Quando ci incontriamo scambiamo giusto due convenevoli e via. Ora è tutta un'altra vita, sono felice e sereno, ed innamorato di mia moglie.
Guarda Claudia, le fa l'occhiolino, e lei gli risponde con un sorriso tirato.

Più tardi, rimasti soli, io e Lorena siamo usciti sul terrazzo a fumare.
Il pomeriggio era stato piacevole, ma la storia di Alex ci aveva reso un po' pensierosi.
Faceva buio abbastanza presto, ed alle quattro del pomeriggio la luce era già fioca. Il mercato ortofrutticolo era chiuso, e l'isolato al tramonto appariva come disabitato. Solo qualche gatto esplorava le pattumiere piene di avanzi dei pranzi domenicali.
Il freddo era pungente, e strinsi a me Lorena -Si può dire di amare tanto una persona e poi abbandonarla così, per paura? Mi chiede.
Non rispondo, perché avrei dovuto rispondere una banalità. Ma dentro di me pensavo che si, è possibile amare profondamente qualcuno, ed abbandonarlo. Tutto può accadere in fondo, anche questo. Di amare e perdere, di non saper definire l'amore, di pentirsi delle scelte.
- Ti amo io, lo sai? Le sussurro, stringendola.

Qualche tempo dopo Lorena vinse quel premio fotografico, e la borsa di studio per il master a Berlino. Proprio a Berlino, pensavo con ansia. Mi ritornò in mente quel fantomatico fidanzato, evocato guardando per la prima volta il suo volto dolce, la torta di fragole lasciata a metà, e i rampicanti.
L'accompagnai in macchina, partimmo di notte. Al confine lei dormiva serenamente, con la testa appoggiata al finestrino, ed io rimuginavo. Misi su Long as I can see the light, la canzone più adatta a quel momento.
E mentre John Fogerty preparava la borsa per il lungo viaggio, io pensavo che avrei perso Lorena proprio quel giorno, che non avremmo sopportato la distanza. Che avrei amato di nuovo, e che lei avrebbe amato di nuovo. Amare è una cosa semplicissima, una questione di convinzione, di mettere via un'altra scatola da scarpe stivata di scontrini, biglietti d'auguri, e fotografie.
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